La Forza Dei Sacrifici
E’ saltata fuori in questi giorni una parola che non ci eravamo più abituati a sentire: “sacrificio” e la si usa per indicare ciò che bisogna fare in questo momento di crisi economica.
Ma questa è la parola giusta?
“Sacrificio” richiama qualcosa da sacrificare, da mettere sull’altare del tempio per bruciarla in onore alla divinità. E’ chiaro che questo vuol dire privarsi di qualcosa (in quel caso degli animali) per offrirli alla divinità in segno di adorazione e di supplica.
Oggi questa parola ha perso il suo connotato positivo (offrire qualcosa a Dio) e ne ha assunto uno negativo (perdere qualcosa perché non si riesce più a sostenere il tenore precedente); questo porta l’opinione pubblica a pensare negativo, a prospettare un futuro cupo e mortificato e comunque ad agire con paura e senza speranza.
Da tempo invece nella comunità cristiana si usa un’altra parola: “sobrietà” per indicare un atteggiamento evangelico che il discepolo di Cristo assume nei confronti delle cose che lo circondano.
Vuol dire che ciò che conta non è il possedere questo o quello e possederlo in abbondanza, anche se magari non mi serve immediatamente, ma il mirare all’essenziale, accontentandosi del necessario.
Questo stile di vita apre inevitabilmente alla solidarietà, alla condivisione e diventa fonte di speranza per un mondo nuovo, dove ciò che conta non è il possedere, ma l’essere.
Che fare allora? Certamente il cristiano non si tira indietro quando si tratta di rimettere in piedi il bene comune, ma lo fa non come un cane bastonato, sbuffando e imprecando, perchè, forte della beatitudine evangelica “Beati i poveri”, si sforza di vivere quella sobrietà che lo porta ad apprezzare meglio le cose che lo circondano e ad usarne per quello che veramente gli servono. Ancora una volta il Vangelo è “regola di vita” e i cristiani possono, dentro questa società, essere sale e luce!
Don Mauro Radice
Ma questa è la parola giusta?
“Sacrificio” richiama qualcosa da sacrificare, da mettere sull’altare del tempio per bruciarla in onore alla divinità. E’ chiaro che questo vuol dire privarsi di qualcosa (in quel caso degli animali) per offrirli alla divinità in segno di adorazione e di supplica.
Oggi questa parola ha perso il suo connotato positivo (offrire qualcosa a Dio) e ne ha assunto uno negativo (perdere qualcosa perché non si riesce più a sostenere il tenore precedente); questo porta l’opinione pubblica a pensare negativo, a prospettare un futuro cupo e mortificato e comunque ad agire con paura e senza speranza.
Da tempo invece nella comunità cristiana si usa un’altra parola: “sobrietà” per indicare un atteggiamento evangelico che il discepolo di Cristo assume nei confronti delle cose che lo circondano.
Vuol dire che ciò che conta non è il possedere questo o quello e possederlo in abbondanza, anche se magari non mi serve immediatamente, ma il mirare all’essenziale, accontentandosi del necessario.
Questo stile di vita apre inevitabilmente alla solidarietà, alla condivisione e diventa fonte di speranza per un mondo nuovo, dove ciò che conta non è il possedere, ma l’essere.
Che fare allora? Certamente il cristiano non si tira indietro quando si tratta di rimettere in piedi il bene comune, ma lo fa non come un cane bastonato, sbuffando e imprecando, perchè, forte della beatitudine evangelica “Beati i poveri”, si sforza di vivere quella sobrietà che lo porta ad apprezzare meglio le cose che lo circondano e ad usarne per quello che veramente gli servono. Ancora una volta il Vangelo è “regola di vita” e i cristiani possono, dentro questa società, essere sale e luce!
Don Mauro Radice
Ultimo aggiornamento (Domenica 30 Maggio 2010 14:46)