La Gioia della Ripresa
Guardiamo al mese di giugno e di luglio con prospettive positive: siamo in uscita dalla tappa del Covid-19.
Una tappa di certo con una sua fecondità.
Gli uomini e le donne hanno riscoperto la profondità dei propri cuori, la bellezza dei sentimenti fatti di compassione, di dedizione in un servizio che poteva comportare il sacrificio della propria vita.
Abbiamo appreso di gesti di estrema delicatezza come quello di far incontrare un genitore in fase terminale con i propri cari, sia pure in via online.
Medici e infermieri hanno sopportato orari di servizio straordinario senza concedere a sé stessi neppure il tempo per i bisogni fondamentali!
Questo nella speranza di salvare vite, di poter consegnare un figlio, una madre, un nonno alla propria famiglia!
È scattata una gara di solidarietà formidabile.
Centinaia le attestazioni di solidarietà, gratitudine e tanti i titolari di attività che hanno deciso di aiutare, per quel che hanno potuto, sanitari e operatori ad andare avanti.
Si coglie tanto dolore ma anche tanta umanità attorno a noi.
Ci sono testimonianze di persone anche giovani, lontane dalla fede e che credevano di non aver bisogno di niente e di nessuno, ma nella gravità della malattia hanno sentito la necessità di rivolgersi a Dio, hanno chiesto preghiera.
La malattia e la sofferenza hanno avuto un senso per far loro ritrovare la strada smarrita.
Il Signore ha posto le comunità religiose in una specie di ritiro, ci ha tolto attività esteriori per farci sentire la priorità di dedicarci innanzitutto a lui.
Ora la domanda, l’attesa della gente è di poter ritornare alla normalità di una vita regolare dove il lavoro, lo studio, gli incontri sociali, le passeggiate… si rendono possibili.
Sogniamo di poter contemplare il mare divenuto più cristallino e che sembra ringraziarci per il tempo di riposo che gli abbiamo accordato.
Le altezzose montagne delle nostre Alpi non sono state prive della visita del coronavirus, ma oggi sono pronte a offrirci il ristoro dei propri boschi, l’aria piena di ossigeno alimentato dagli abeti e dai pini troneggianti nei boschi.
Tutti auspichiamo che il sogno diventi realtà.
Alla speranza va aggiunto anche qualche impegno: questo tempo ci cambierà se faremo crescere le relazioni umane con vicini e distanti, credenti e non credenti o di altre religioni.
Dobbiamo scommettere in un cambiamento di paradigma: dobbiamo assumere la fragilità come condizione di opportunità e come condizione permanente.
La fraternità non è più solo un’aspirazione etica.
È necessità iscritta nella nuova condizione umana.
Come ha detto papa Francesco: tutti sulla stessa barca e nessuno che può salvarsi da solo!
Una tappa di certo con una sua fecondità.
Gli uomini e le donne hanno riscoperto la profondità dei propri cuori, la bellezza dei sentimenti fatti di compassione, di dedizione in un servizio che poteva comportare il sacrificio della propria vita.
Abbiamo appreso di gesti di estrema delicatezza come quello di far incontrare un genitore in fase terminale con i propri cari, sia pure in via online.
Medici e infermieri hanno sopportato orari di servizio straordinario senza concedere a sé stessi neppure il tempo per i bisogni fondamentali!
Questo nella speranza di salvare vite, di poter consegnare un figlio, una madre, un nonno alla propria famiglia!
È scattata una gara di solidarietà formidabile.
Centinaia le attestazioni di solidarietà, gratitudine e tanti i titolari di attività che hanno deciso di aiutare, per quel che hanno potuto, sanitari e operatori ad andare avanti.
Si coglie tanto dolore ma anche tanta umanità attorno a noi.
Ci sono testimonianze di persone anche giovani, lontane dalla fede e che credevano di non aver bisogno di niente e di nessuno, ma nella gravità della malattia hanno sentito la necessità di rivolgersi a Dio, hanno chiesto preghiera.
La malattia e la sofferenza hanno avuto un senso per far loro ritrovare la strada smarrita.
Il Signore ha posto le comunità religiose in una specie di ritiro, ci ha tolto attività esteriori per farci sentire la priorità di dedicarci innanzitutto a lui.
Ora la domanda, l’attesa della gente è di poter ritornare alla normalità di una vita regolare dove il lavoro, lo studio, gli incontri sociali, le passeggiate… si rendono possibili.
Sogniamo di poter contemplare il mare divenuto più cristallino e che sembra ringraziarci per il tempo di riposo che gli abbiamo accordato.
Le altezzose montagne delle nostre Alpi non sono state prive della visita del coronavirus, ma oggi sono pronte a offrirci il ristoro dei propri boschi, l’aria piena di ossigeno alimentato dagli abeti e dai pini troneggianti nei boschi.
Tutti auspichiamo che il sogno diventi realtà.
Alla speranza va aggiunto anche qualche impegno: questo tempo ci cambierà se faremo crescere le relazioni umane con vicini e distanti, credenti e non credenti o di altre religioni.
Dobbiamo scommettere in un cambiamento di paradigma: dobbiamo assumere la fragilità come condizione di opportunità e come condizione permanente.
La fraternità non è più solo un’aspirazione etica.
È necessità iscritta nella nuova condizione umana.
Come ha detto papa Francesco: tutti sulla stessa barca e nessuno che può salvarsi da solo!
Ultimo aggiornamento (Martedì 16 Giugno 2020 09:19)