Missionari a Casa Nostra
La giornata missionaria mondiale ci invita a guardare al mondo intero che ha bisogno di essere rinnovato con le Parole e la Testimonianza di Gesù, inviato dal Padre nel mondo per manifestare il suo amore.
Questo messaggio ha raggiunto il cuore di tutti?
Certamente tutti avranno perlomeno sentito parlare di Gesù, ma ancora pochi ne vivono l’esperienza sulla loro pelle.
Per questo la Chiesa continua ancora oggi a mandare missionari là dove Gesù non è conosciuto per portare il gioioso annuncio del Vangelo.
Quando però lo sguardo si concentra sulla nostra Europa, sulla nostra nazione e sui nostri paesi (Agrate, Caponago, Omate) nasce subito una domanda: “Noi che siamo da tanto tempo cristiani, conosciamo veramente Gesù?
Professiamo con energia la nostra fede?”.
E’ vero che ci sono ancora tanti Battesimi, Prime Comunioni e Cresima, è vero anche che la quasi totalità celebra il funerale religioso; sono però diminuiti i Matrimoni in chiesa. Possiamo comunque dire che l’”istituzione” e la “tradizione” tengono, ma se guardiamo alla “vita reale” c’è un forte divario tra la vita e la fede.
Che fare?
C’è una soluzione radicale: convertirsi e mettere in pratica il Vangelo così come Gesù lo presenta.
Qui ciascuno deve dare il suo contributo!
Ci sono però anche altre soluzioni più realizzabili. Ecco come si esprime il nostro Arcivescovo nella sua Lettera pastorale per l’anno 2019/20: In molte occasioni è stato detto che la docilità allo Spirito, che anima la missione, è vocazione a un rinnovamento complessivo della vita della comunità cristiana.
“Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stimoli, gli orari, il linguaggio, e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione” (papa Francesco in Evangelii Gaudium, 27).
Per realizzare il sogno di Francesco e la proposta del nostro Arcivescovo occorre, dunque, che ogni membro della comunità si senta “inviato”, mandato là dove vive per mostrare con la vita, le parole, le azioni che è bello vivere da cristiani.
Non si tratta di imporre niente a nessuno, ma di “mostrare” e così ci sono molte cose che si possono fare: portare il foglio degli avvisi a coloro che sono impossibilitati a venire alla Messa, dire una parola buona a chi soffre, farsi compagno/a a chi è solo, essere accoglienti e disponibili con chi chiede un aiuto.
C’è solo da dare spazio alla fantasia e credere veramente a quanto il Vangelo di Gesù ci chiede.
Questo messaggio ha raggiunto il cuore di tutti?
Certamente tutti avranno perlomeno sentito parlare di Gesù, ma ancora pochi ne vivono l’esperienza sulla loro pelle.
Per questo la Chiesa continua ancora oggi a mandare missionari là dove Gesù non è conosciuto per portare il gioioso annuncio del Vangelo.
Quando però lo sguardo si concentra sulla nostra Europa, sulla nostra nazione e sui nostri paesi (Agrate, Caponago, Omate) nasce subito una domanda: “Noi che siamo da tanto tempo cristiani, conosciamo veramente Gesù?
Professiamo con energia la nostra fede?”.
E’ vero che ci sono ancora tanti Battesimi, Prime Comunioni e Cresima, è vero anche che la quasi totalità celebra il funerale religioso; sono però diminuiti i Matrimoni in chiesa. Possiamo comunque dire che l’”istituzione” e la “tradizione” tengono, ma se guardiamo alla “vita reale” c’è un forte divario tra la vita e la fede.
Che fare?
C’è una soluzione radicale: convertirsi e mettere in pratica il Vangelo così come Gesù lo presenta.
Qui ciascuno deve dare il suo contributo!
Ci sono però anche altre soluzioni più realizzabili. Ecco come si esprime il nostro Arcivescovo nella sua Lettera pastorale per l’anno 2019/20: In molte occasioni è stato detto che la docilità allo Spirito, che anima la missione, è vocazione a un rinnovamento complessivo della vita della comunità cristiana.
“Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stimoli, gli orari, il linguaggio, e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione” (papa Francesco in Evangelii Gaudium, 27).
Per realizzare il sogno di Francesco e la proposta del nostro Arcivescovo occorre, dunque, che ogni membro della comunità si senta “inviato”, mandato là dove vive per mostrare con la vita, le parole, le azioni che è bello vivere da cristiani.
Non si tratta di imporre niente a nessuno, ma di “mostrare” e così ci sono molte cose che si possono fare: portare il foglio degli avvisi a coloro che sono impossibilitati a venire alla Messa, dire una parola buona a chi soffre, farsi compagno/a a chi è solo, essere accoglienti e disponibili con chi chiede un aiuto.
C’è solo da dare spazio alla fantasia e credere veramente a quanto il Vangelo di Gesù ci chiede.