Per una Pace Senza Confini
Sono trascorse due settimane da quando oltre 100mila persone hanno percorso il tratto da Perugia ad Assisi e manifestato per la pace e la fraternità, per dire basta al “nuovo conflitto globale, ma a pezzetti” che raccoglie le tante piccole/grandi guerre in corso le cui conseguenze vediamo tutti i giorni sulle nostre coste.
Un anno fa la tragedia di Lampedusa: 368 uomini, donne e bambini che in fuga da guerra e povertà a pochi metri dalla «terra promessa» rimasero vittime di un naufragio.
Ancora oggi moltissimi continuano a rischiare la vita cercando di fuggire dai loro paesi in guerra o dove non esiste libertà.
Chi accetta la roulette russa del Mediterraneo è quasi sempre perché non ha il privilegio di avere la pace a casa propria.
Contemporaneamente, a Milano, 100mila persone guidate dal leader della Lega manifestavano gridando:” stop all’invasione, difendiamo i confini contro l’immigrazione clandestina, contro l’operazione mare nostrum fallimento totale, contro migliaia e migliaia di disperati che vengono da noi in concorrenza sleale nei confronti dei nostri lavoratori … bisognerebbe fare come gli altri Paesi, difendere i confini e aiutare chi ha bisogno nel loro Paese, dando la priorità agli italiani".
Di fronte a queste due manifestazioni contrapposte e incompatibili, oggi in cui commemoriamo i defunti , a due giorni di distanza dal 4 novembre festa dell’unità nazionale, delle forze armate e della fine dell’inutile strage della prima guerra mondiale, nascono molti interrogativi che interpellano le nostre responsabilità e sollecitano la testimonianza dei cristiani operatori di pace.
Per questo ci sembra più urgente e importante riconoscere che se non vengono messi al primo posto la solidarietà, la mutua convivenza, l'accoglienza reciproca, l'ascolto e la stima dell'altro, l'accettazione, il perdono, la riconciliazione delle differenze e il dialogo fraterno, se non vengono disarmate non solo le mani, ma anche le coscienze e i cuori, allora saremo purtroppo cristiani “annacquati” !
Commissione sociale Comunità pastorale Casa di Betania
Un anno fa la tragedia di Lampedusa: 368 uomini, donne e bambini che in fuga da guerra e povertà a pochi metri dalla «terra promessa» rimasero vittime di un naufragio.
Ancora oggi moltissimi continuano a rischiare la vita cercando di fuggire dai loro paesi in guerra o dove non esiste libertà.
Chi accetta la roulette russa del Mediterraneo è quasi sempre perché non ha il privilegio di avere la pace a casa propria.
Contemporaneamente, a Milano, 100mila persone guidate dal leader della Lega manifestavano gridando:” stop all’invasione, difendiamo i confini contro l’immigrazione clandestina, contro l’operazione mare nostrum fallimento totale, contro migliaia e migliaia di disperati che vengono da noi in concorrenza sleale nei confronti dei nostri lavoratori … bisognerebbe fare come gli altri Paesi, difendere i confini e aiutare chi ha bisogno nel loro Paese, dando la priorità agli italiani".
Di fronte a queste due manifestazioni contrapposte e incompatibili, oggi in cui commemoriamo i defunti , a due giorni di distanza dal 4 novembre festa dell’unità nazionale, delle forze armate e della fine dell’inutile strage della prima guerra mondiale, nascono molti interrogativi che interpellano le nostre responsabilità e sollecitano la testimonianza dei cristiani operatori di pace.
Per questo ci sembra più urgente e importante riconoscere che se non vengono messi al primo posto la solidarietà, la mutua convivenza, l'accoglienza reciproca, l'ascolto e la stima dell'altro, l'accettazione, il perdono, la riconciliazione delle differenze e il dialogo fraterno, se non vengono disarmate non solo le mani, ma anche le coscienze e i cuori, allora saremo purtroppo cristiani “annacquati” !
Commissione sociale Comunità pastorale Casa di Betania
Ultimo aggiornamento (Martedì 03 Novembre 2020 22:57)