Grazie Papa Benedetto!
La nostra liturgia ambrosiana, nelle due ultime domeniche prima della Quaresima, ci invita a preparare il cuore a vivere bene il tempo forte che ci prepara alla Pasqua, celebrando insieme la DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA (questa domenica) e la DOMENICA DEL PERDONO (domenica 27 febbraio).
L’Apostolo Paolo, nella sua prima lettera all’amico e collaboratore nel ministero Timoteo (cfr. 2^ lettura), confessa la divina clemenza del Signore con queste toccanti parole: «Carissimo, questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.
Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen». (1Tim 1,15-17).
Mi è sembrato di ritrovare la medesima fede e forza d’animo dell’Apostolo, nella straordinaria e commovente lettera scritta da Papa Benedetto XVI circa il rapporto sugli abusi nell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga (pubblicata da Avvenire il 9 febbraio 2022).
È un’ottima meditazione, che ci prepara a vivere intensamente e pienamente anche l’imminente tempo quaresimale:
«Care sorelle e cari fratelli! (…) Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa – nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso – la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono.
Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno.
Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa.
E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso. (…)
Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita.
Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito).
In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte.
In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto.
Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io...” (cfr. Ap 1,12-17).
Cari amici, con questi sentimenti vi benedico tutti. Benedetto XVI»
(A cura di don Giuseppe )
L’Apostolo Paolo, nella sua prima lettera all’amico e collaboratore nel ministero Timoteo (cfr. 2^ lettura), confessa la divina clemenza del Signore con queste toccanti parole: «Carissimo, questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io.
Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen». (1Tim 1,15-17).
Mi è sembrato di ritrovare la medesima fede e forza d’animo dell’Apostolo, nella straordinaria e commovente lettera scritta da Papa Benedetto XVI circa il rapporto sugli abusi nell’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga (pubblicata da Avvenire il 9 febbraio 2022).
È un’ottima meditazione, che ci prepara a vivere intensamente e pienamente anche l’imminente tempo quaresimale:
«Care sorelle e cari fratelli! (…) Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa – nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso – la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono.
Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno.
Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa.
E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso. (…)
Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita.
Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito).
In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte.
In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto.
Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io...” (cfr. Ap 1,12-17).
Cari amici, con questi sentimenti vi benedico tutti. Benedetto XVI»
(A cura di don Giuseppe )