Entrare nella Casa
Le testimonianze di alcuni adoratori sotto riportate contengono delle “pillole di saggezza” che fanno bene alla vita cristiana.
La loro lettura ci richiama alla mente le parole di Madre Ada, a cui siamo grati di aver desiderato e assicurato, ormai da più di cent’anni, la Presenza Eucaristica in San Pietro: “Egli è qui! Lo credi tu? Che fai?
Che pensi?
Che dice il tuo cuore al suo cuore?
Il silenzio delle labbra, le pupille fisse in Lui, il palpito del cuore parlano un linguaggio che Egli ben comprende; un linguaggio che è un insieme di impotenza e di amore, di fiducia e di gratitudine, di adorazione e di intima famigliarità; è ciò che solo Egli può definire e nella sua bontà gradire”.
Tutti siamo debitori agli adoratori: per la loro presenza, per la loro preghiera e per la testimonianza che ci regalano in queste pagine.
Se da un lato comunicare la propria esperienza di adoratore è un bisogno irrinunciabile, dall’altro è compito difficile e delicato perché è “cosa” del cuore.
Spesso l’atto dell’adorazione e del “mettersi in ginocchio” ci appare di difficile comprensione e attuazione; per questo la testimonianza diretta degli adoratori può offrirci uno sguardo diverso, utile per una migliore valutazione.
Un’immagine evangelica può aiutare tutti, adoratori e non, a comprendere meglio.
È l’icona dei Magi di cui Matteo racconta che “entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono” (2, 11).
Non è fuori luogo pensare che gli adoratori sono come i Magi; anch’essi entrano in un luogo, cercano una Presenza, sperimentano il silenzio e lo stupore, osservano attentamente, utilizzano l’intelligenza e il cuore e, non meno importante, anch’essi offrono, anzi, si offrono.
Gli adoratori entrano in questa Casa (chiesa di San Pietro) mentre percorrono un cammino, quello della quotidianità - famiglia, studio, lavoro, impegno sociale - per cercare il loro Re: qualcuno da onorare e da ascoltare perché è Colui che dà senso e pienezza alla loro vita, alle loro fatiche e ai loro dubbi e che è la fonte della loro gioia e speranza.
I Magi portano i doni, l’adoratore porta non solo sé stesso, il proprio tempo e la propria vita, ma anche le tante intenzioni e situazioni che gli stanno a cuore o che gli vengono affidate.
Ma c’è anche un uscire e un ripartire; vale per i Magi, vale per gli adoratori.
I Magi fecero ritorno per un’altra strada, segno di conversione; anche gli adoratori escono dall’adorazione e ritornano sulla strada della ferialità un po’ cambiati, trasformati e con una “marcia in più” per la propria vita cristiana.
Un ultimo aspetto.
I Magi hanno rivelato e portato a conoscenza della presenza di questo Re; anche l’adorazione, strutturata nella forma del Giovedì Eucaristico, ci regala un forte segno esteriore.
Riesce a far emergere e percepire maggiormente la presenza di Gesù tra le nostre case, tra i nostri luoghi di lavoro e di sofferenza, tra i nostri ambiti di ritrovo e di servizio. Ogni adoratore, sia nell’ora di adorazione, sia nelle altre occupazioni della giornata, sente che Gesù c’è, che ci accompagna quotidianamente.
Abbiamo esposto in maniera molta riduttiva le consonanze tra i Magi e l’adoratore - quelle elencate meriterebbero più approfondimento e altre ne mancano - ma vogliamo semplicemente offrire una pista di riflessione.
Ciascuno potrà ampliarla, sentire queste caratteristiche su di sé e scoprirne altre.
Speriamo che questi spunti e, soprattutto, queste testimonianze, provochino anche chi non è ancora “ufficialmente” adoratore perché possa anch’esso fare questa doppia esperienza: relazione personale con Gesù e servizio ai fratelli nel dono del proprio tempo e della propria preghiera.
“Al vedere la stella, i Magi provarono una grandissima gioia” (2, 10) ci narra ancora Matteo.
E’ l’augurio per la nostra Comunità Pastorale: che ciascuno entrando in quella Casa, riconoscendo il Signore, mettendosi in atteggiamento d’ascolto silenzioso e dialogante, sperimenti una gioia talmente grande da riempirgli la vita e da non riuscire a trattenerla solo per sé!
La loro lettura ci richiama alla mente le parole di Madre Ada, a cui siamo grati di aver desiderato e assicurato, ormai da più di cent’anni, la Presenza Eucaristica in San Pietro: “Egli è qui! Lo credi tu? Che fai?
Che pensi?
Che dice il tuo cuore al suo cuore?
Il silenzio delle labbra, le pupille fisse in Lui, il palpito del cuore parlano un linguaggio che Egli ben comprende; un linguaggio che è un insieme di impotenza e di amore, di fiducia e di gratitudine, di adorazione e di intima famigliarità; è ciò che solo Egli può definire e nella sua bontà gradire”.
Tutti siamo debitori agli adoratori: per la loro presenza, per la loro preghiera e per la testimonianza che ci regalano in queste pagine.
Se da un lato comunicare la propria esperienza di adoratore è un bisogno irrinunciabile, dall’altro è compito difficile e delicato perché è “cosa” del cuore.
Spesso l’atto dell’adorazione e del “mettersi in ginocchio” ci appare di difficile comprensione e attuazione; per questo la testimonianza diretta degli adoratori può offrirci uno sguardo diverso, utile per una migliore valutazione.
Un’immagine evangelica può aiutare tutti, adoratori e non, a comprendere meglio.
È l’icona dei Magi di cui Matteo racconta che “entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono” (2, 11).
Non è fuori luogo pensare che gli adoratori sono come i Magi; anch’essi entrano in un luogo, cercano una Presenza, sperimentano il silenzio e lo stupore, osservano attentamente, utilizzano l’intelligenza e il cuore e, non meno importante, anch’essi offrono, anzi, si offrono.
Gli adoratori entrano in questa Casa (chiesa di San Pietro) mentre percorrono un cammino, quello della quotidianità - famiglia, studio, lavoro, impegno sociale - per cercare il loro Re: qualcuno da onorare e da ascoltare perché è Colui che dà senso e pienezza alla loro vita, alle loro fatiche e ai loro dubbi e che è la fonte della loro gioia e speranza.
I Magi portano i doni, l’adoratore porta non solo sé stesso, il proprio tempo e la propria vita, ma anche le tante intenzioni e situazioni che gli stanno a cuore o che gli vengono affidate.
Ma c’è anche un uscire e un ripartire; vale per i Magi, vale per gli adoratori.
I Magi fecero ritorno per un’altra strada, segno di conversione; anche gli adoratori escono dall’adorazione e ritornano sulla strada della ferialità un po’ cambiati, trasformati e con una “marcia in più” per la propria vita cristiana.
Un ultimo aspetto.
I Magi hanno rivelato e portato a conoscenza della presenza di questo Re; anche l’adorazione, strutturata nella forma del Giovedì Eucaristico, ci regala un forte segno esteriore.
Riesce a far emergere e percepire maggiormente la presenza di Gesù tra le nostre case, tra i nostri luoghi di lavoro e di sofferenza, tra i nostri ambiti di ritrovo e di servizio. Ogni adoratore, sia nell’ora di adorazione, sia nelle altre occupazioni della giornata, sente che Gesù c’è, che ci accompagna quotidianamente.
Abbiamo esposto in maniera molta riduttiva le consonanze tra i Magi e l’adoratore - quelle elencate meriterebbero più approfondimento e altre ne mancano - ma vogliamo semplicemente offrire una pista di riflessione.
Ciascuno potrà ampliarla, sentire queste caratteristiche su di sé e scoprirne altre.
Speriamo che questi spunti e, soprattutto, queste testimonianze, provochino anche chi non è ancora “ufficialmente” adoratore perché possa anch’esso fare questa doppia esperienza: relazione personale con Gesù e servizio ai fratelli nel dono del proprio tempo e della propria preghiera.
“Al vedere la stella, i Magi provarono una grandissima gioia” (2, 10) ci narra ancora Matteo.
E’ l’augurio per la nostra Comunità Pastorale: che ciascuno entrando in quella Casa, riconoscendo il Signore, mettendosi in atteggiamento d’ascolto silenzioso e dialogante, sperimenti una gioia talmente grande da riempirgli la vita e da non riuscire a trattenerla solo per sé!
Ultimo aggiornamento (Lunedì 20 Ottobre 2014 09:27)