La Tua è La Nostra Gioia
“Sono certo che ti troverai a ridire: «è molto bello, qui», perché il Signore non mancherà di sorprenderti”
"Padre, è molto bello, qui sulla collina.
Non avevo mai visto questi posti che tante volte tu mi hai descritto quando con nostalgia, ma anche con entusiasmo, raccontavi della tua infanzia e dei tuoi amici».
Sono le prime battute della “Passione 1995”, pronunciate dal figlio di un pastore che, seduto accanto al padre, in una calda notte della Palestina sente da lui il racconto di un’altra notte, quella illuminata dalla luce di una stella, alta nel cielo, per annunciare la nascita di «un grande re, un re saggio e nobile che avrebbe governato su tutte le terre…».
A dare la voce al figlio del pastore eri tu, Paolo.
Avevi 10 anni.
Tolte dal contesto e riascoltate oggi, sembrano le parole che iniziano una preghiera rivolta al Padre che, oggi, con il sacramento dell’Ordine, ti conduce in una terra inesplorata ma desiderata, non ancora vista ma già familiare: quella di un’esistenza che si fa per sempre dono d’amore, consacrata a Dio e ai fratelli.
In questa nuova terra, sono certo che ti troverai a ridire: «è molto bello, qui», perché il Signore non mancherà di sorprenderti con le sue meraviglie.
Come figlio, lascia che il Padre ti guidi là dove Lui vuole.
«Tuo fratello resusciterà».
Passati nove anni, tu eri coinvolto ancora nella sacra rappresentazione organizzata dall’Oratorio: “Passione 2004”, vestivi i panni di Gesù.
Entrato in scena, il tuo primo gesto è stato un abbraccio; le tue prime parole, quelle pronunciate a Marta, con tutto il loro carico di vita e di speranza. Chissà cosa si muoveva nel tuo cuore, in quei giorni!
Oggi, quel gesto e quelle parole hanno il sapore di un presagio.
La vita sacerdotale è un intenso, costante abbraccio all’umanità, fatta di tanti volti e di tante storie quanti sono gli uomini e le donne di questo mondo, accompagnato da parole che rialzano e fanno vedere la luce oltre il buio, perché radicate nell’ Amore che può tutto.
Ogni giorno, e te ne accorgerai, è tempo per allargare le braccia e accogliere, consolare, sollevare, ricevere, donare; come fragile, ma mai inutile, prolungamento delle braccia allargate di Gesù sulla Croce.
E, per essere eco delle sue parole, “Tu vivrai”, missionario di vita perché consacrato alla Vita.
Come ministro di Cristo, rimani nel suo abbraccio, perché “la nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 265).
«Come io vi ho amato».
Diciannove anni dopo la tua prima Passione, celebri la tua prima Messa.
L’emozione non è soltanto tua, ma anche di chi ti ha voluto e ti vuole bene, dei tuoi familiari, degli amici, di chi ti ha visto crescere e di chi ti conosce e ti ha accompagnato per un tratto di cammino.
La tua è la nostra gioia.
Ora, e lo sai bene, come presbitero sei chiamato non ad avere una parte, ma a vivere interamente e fare tua la passione di Dio per il suo popolo, ad assumere le scelte della compassione di Gesù e rendere visibile con la vita il suo patire perché il Regno venga.
Presto e per tutti.
Come sacerdote, rimani segno della tenerezza del Padre che, in Gesù, si è manifestata e rinnova, ogni giorno, la tua risposta ad amare come Lui ci ha amato.
Con affetto,
Don Marco
"Padre, è molto bello, qui sulla collina.
Non avevo mai visto questi posti che tante volte tu mi hai descritto quando con nostalgia, ma anche con entusiasmo, raccontavi della tua infanzia e dei tuoi amici».
Sono le prime battute della “Passione 1995”, pronunciate dal figlio di un pastore che, seduto accanto al padre, in una calda notte della Palestina sente da lui il racconto di un’altra notte, quella illuminata dalla luce di una stella, alta nel cielo, per annunciare la nascita di «un grande re, un re saggio e nobile che avrebbe governato su tutte le terre…».
A dare la voce al figlio del pastore eri tu, Paolo.
Avevi 10 anni.
Tolte dal contesto e riascoltate oggi, sembrano le parole che iniziano una preghiera rivolta al Padre che, oggi, con il sacramento dell’Ordine, ti conduce in una terra inesplorata ma desiderata, non ancora vista ma già familiare: quella di un’esistenza che si fa per sempre dono d’amore, consacrata a Dio e ai fratelli.
In questa nuova terra, sono certo che ti troverai a ridire: «è molto bello, qui», perché il Signore non mancherà di sorprenderti con le sue meraviglie.
Come figlio, lascia che il Padre ti guidi là dove Lui vuole.
«Tuo fratello resusciterà».
Passati nove anni, tu eri coinvolto ancora nella sacra rappresentazione organizzata dall’Oratorio: “Passione 2004”, vestivi i panni di Gesù.
Entrato in scena, il tuo primo gesto è stato un abbraccio; le tue prime parole, quelle pronunciate a Marta, con tutto il loro carico di vita e di speranza. Chissà cosa si muoveva nel tuo cuore, in quei giorni!
Oggi, quel gesto e quelle parole hanno il sapore di un presagio.
La vita sacerdotale è un intenso, costante abbraccio all’umanità, fatta di tanti volti e di tante storie quanti sono gli uomini e le donne di questo mondo, accompagnato da parole che rialzano e fanno vedere la luce oltre il buio, perché radicate nell’ Amore che può tutto.
Ogni giorno, e te ne accorgerai, è tempo per allargare le braccia e accogliere, consolare, sollevare, ricevere, donare; come fragile, ma mai inutile, prolungamento delle braccia allargate di Gesù sulla Croce.
E, per essere eco delle sue parole, “Tu vivrai”, missionario di vita perché consacrato alla Vita.
Come ministro di Cristo, rimani nel suo abbraccio, perché “la nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore” (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 265).
«Come io vi ho amato».
Diciannove anni dopo la tua prima Passione, celebri la tua prima Messa.
L’emozione non è soltanto tua, ma anche di chi ti ha voluto e ti vuole bene, dei tuoi familiari, degli amici, di chi ti ha visto crescere e di chi ti conosce e ti ha accompagnato per un tratto di cammino.
La tua è la nostra gioia.
Ora, e lo sai bene, come presbitero sei chiamato non ad avere una parte, ma a vivere interamente e fare tua la passione di Dio per il suo popolo, ad assumere le scelte della compassione di Gesù e rendere visibile con la vita il suo patire perché il Regno venga.
Presto e per tutti.
Come sacerdote, rimani segno della tenerezza del Padre che, in Gesù, si è manifestata e rinnova, ogni giorno, la tua risposta ad amare come Lui ci ha amato.
Con affetto,
Don Marco
Ultimo aggiornamento (Domenica 08 Giugno 2014 16:08)