La Sicilia che Abbiamo Incontrato
Commenti
Per raccontare il viaggio in Sicilia del gruppo giovani si potrebbe cominciare descrivendo le meravigliose spiagge e il mare che ci hanno accolti… o si potrebbe cominciare narrando il fascino dei paesaggi e delle chiese visitate, ma
non renderemmo giustizia al viaggio che abbiamo vissuto insieme.
Il nostro viaggio deve cominciare rivelando il motivo di sé: ci ritroviamo a Palermo per seguire le tracce di don Pino Puglisi, sacerdote brutalmente ucciso dalla mafia, beatificato da papa Francesco nel maggio 2013.
Dalla sua parrocchia, nella periferia di Palermo, il prete di Brancaccio si oppose senza sosta alla sopraffazione che stravolgeva la città.
Educatore infaticabile, si occupava dei ragazzini, che vivendo di espedienti per strada, consideravano i mafiosi degli idoli, esempi da imitare e rispettare.
Egli, attraverso l’accoglienza, l’ascolto e la cura delle relazioni, fa capire loro che si può ottenere rispetto dagli altri anche senza essere criminali, semplicemente per le proprie idee e i propri valori.
“È soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani.
Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa.
E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto...”.
Per questo il 15 settembre 1993 fu ucciso dallo stesso clan che organizzò gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino e gli attentati di Roma, Firenze e Milano.
È così che ci immergiamo tra i vicoli di Palermo visitando i luoghi della memoria.
Cominciamo ad incontrare testimoni, che vivendo a pieno gli eventi di quel periodo, hanno conosciuto questi uomini che hanno saputo compiere il proprio dovere animati da una profonda umanità e da un forte senso di giustizia.
Proseguiamo conoscendo giovani che, per amore della propria terra, si sono uniti e hanno preso coscienza dei problemi della città in cui vivono e hanno deciso di non tacere, ma di denunciare ciò che la mafia ha compiuto e che, purtroppo,
continua a compiere.
Iniziamo, dopo qualche giorno, ad intravedere in tutte queste esperienze che stiamo vivendo, un sottile “filo rosso” che tiene insieme fatti e testimoni: ci ritroviamo a Cinisi, a casa di Peppino Impastato.
Il fratello Giovanni ci racconta la storia di Peppino, che ,pur nascendo in una famiglia mafiosa, decide di prendere le distanze da quel mondo denunciando soprusi e violenze che “Cosa Nostra” andava compiendo, in quegli anni, nel suo
territorio.
Aggiunge che, dopo la morte di suo fratello, è stata sua madre Felicia, non adeguandosi alla cultura mafiosa, a continuare la sua lotta.
Oggi, che anche la mamma non c’è più, tocca a lui raccontare e tenere viva la memoria.
Giovanni invita, anche noi, a non accontentarci della legalità, ma di cercare ciò che è giusto e vero: ad essere protagonisti del cambiamento.
Ed ora che siamo tornati a casa, a nostra volta testimoni di ciò che abbiamo visto e udito, non ci resta che prendere quel “filo rosso” e farlo continuare in modo semplice e consapevole nella vita di tutti i giorni.
Gruppo Giovani
Gruppo Giovani
1 – Non hanno alcuna attinenza con il tema, il testo o articolo commentato.
2 – Contengono insulti, frasi di disprezzo e attacchi personali.
3 – Scritti con l’unico fine di generare controversie con altri visitatori del sito.