Buoni Cristiani e Onesti Cittadini
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È uscito recentemente un libro di Sabino Frigato, salesiano, docente di teologia morale presso l’Università Pontificia Salesiana, che prova a fare il punto sul
ruolo della dottrina sociale della Chiesa e sull’essere “cristiani e cittadini” oltre che “buoni cristiani”. Frigato definisce “scoraggiante” il quadro che ne esce.
Abbiamo ripreso un articolo pubblicato da vinonuovo.it che prende spunto dal libro e prova a farne una lettura critica.
Perché mai “la dottrina sociale della Chiesa è un libro che nessuno apre?”
E dire che da alcuni anni esiste pure il prezioso “Compendio della dottrina sociale della Chiesa” edito niente meno che dal Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace.
Sulla formazione dei “buoni cristiani” si insiste molto, ma sull’essere “cristiani e cittadini” ben poco è stato fatto in passato e purtroppo ancora oggi.
Siamo immersi in una crisi che è molto più che economica: è una vera e propria crisi di civiltà, dove non si sa più dove orientare il futuro, perché manca una bussola credibile. Da troppo tempo si guarda all’individuo come se potesse esistere senza gli altri.
Tuttavia si avverte da più parti l’estrema esigenza di ridare senso e significato alle ragioni del vivere e del convivere insieme, perdute all’interno delle società occidentali e “cristiane” che hanno omesso troppi passi del Vangelo per inseguire miti di altro tipo.
Molti cattolici, infatti, si sono persi e ragionano come tutti gli altri.
Ma ciò non toglie che all’interno della comunità dei credenti ci sia un patrimonio di cultura sociale in grado di aprire strade nuove per relazioni sociali rinnovate.
Una “dottrina” che parte da molto lontano e affonda le sue radici nei primi secoli.
“La terra è stata creata in comune per tutti, ricchi e poveri; perché voi soli, ricchi, vi arrogate il diritto di proprietà?” (Ambrogio di Milano).
È una Parola che tutto cambia, quella che troviamo nel Vangelo, scrive don Frigato, ma forse non è troppo tardi per ricordarla e farla propria perché non c’è nulla di più concreto della declinazione di “buoni principi” come ha fatto la Chiesa con la dottrina sociale.
Seguirli ci porterebbe ad essere un po’ di più “onesti cittadini”.
Mi sembra significativo questo passo dal capitolo che apre il breve saggio.
Cittadini consapevoli e impegnati nella società ce ne sono sempre stati, ieri come oggi.
E, tuttavia, dalle inchieste sul cosiddetto “cittadino medio” c’è di che storcere il naso. Distinguere tra cattolici e laici serve a poco o nulla perché tutti, indistintamente respiriamo la stessa aria inquinata.
La rivendicazione dei propri diritti - veri o presunti che siano - e la quasi totale indifferenza per i doveri è l’eloquente fotografia del già citato cittadino medio: individualista, rivendicativo, qualunquista, più incline alla denuncia dell’universo mondo che all’autocritica.
Per la verità a noi Italiani, cittadini del Bel Paese, non mancano le contraddizioni: siamo pronti a puntare il dito contro lo Stato e le istituzioni pubbliche spesso inefficienti e inadempienti, ma altrettanto pronti a “fregare” Stato e istituzioni.
I “furbetti” sono addirittura invidiati, almeno fino a quando la fanno franca.
Siam fatti così, noi cittadini del Bel Paese!
Massacrata la legalità, dobbiamo però fare i conti con clientelismi, connivenze malavitose, mafiose, omertà: in una parola, con una diffusa corruzione, vero cancro del nostro convivere sociale da Nord a Sud e viceversa.
Il tutto condito dalla solita ipocrita lagna: “tutto va a rotoli” o “abbiamo toccato il fondo” e via imprecando!
Piangerci addosso serve a qualcosa?
No di certo.
Una sola cosa serve: rimboccarci le maniche e mettersi in testa che l’unico vero interesse personale da perseguire è quello di tutti.
Una società più giusta, più legale per tutti è il più bel regalo che un cittadino possa fare a se stesso.
Caricarsi di un compito sociale, amministrativo, politico, è sì lavorare per gli altri, ma soprattutto per se stessi, per le proprie famiglie, per il proprio futuro.
E’ la logica del bene comune: tanto necessaria quanto disattesa e offesa.
E i “buoni cattolici” cosa fanno? E l’”onesto cittadino” che fine ha fatto?
Non è stato scritto autorevolmente che “la politica è una maniera esigente - anche se non la sola - di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri?” (Paolo VI 1971).
Per la verità contro le molte provocazioni laiciste, gruppi e associazioni di cattolici battono e ribattono il loro “no” in difesa dei cosiddetti “valori non negoziabili”.
Ma basta opporsi per esercitare una cittadinanza attiva, per rinnovare la vita stanca di un Paese?
Al Convegno ecclesiale di Verona di pochi anni fa (2007) era stato detto con chiarezza che: “Non ci si può esaurire nel richiamo alla famiglia, alla libertà dell’educazione, alla
difesa della vita.
Non si raggiungono obiettivi dicendo semplicemente “no” alle provocazioni laiciste.
E’ partendo dai “sì” che si debbono dare e dall’inevitabile intreccio di quei temi con le politiche economiche e sociali che si gioca la coerenza del cristiano”.
Tempi difficili come i nostri esigono risposte ragionate, forti, competenti.
Da dove partire per puntare su un futuro di speranza?
Dai piedi d’argilla delle nostre società democratiche.
Cosa viene in mente quando si dice democrazia?
Un modo libero di relazionarsi tra cittadini, un potere politico partecipato, dei diritti rispettati.
In una parola un modo di stare insieme, pacifico, tollerante.
Una cittadinanza somma di individui “liberamente” chiusi in se stessi e contrapposti da opposti interessi ha ancora una bussola - un bene comune - per un futuro più giusto, più libero per tutti, più umano?
(Maria Teresa Pontara Pederiva in vinonuovo.it, novembre 2012)
Il libro: Sabino Frigato; “Buoni cristiani e onesti cittadini - La forza educativa della dottrina sociale della Chiesa”
(Elledici 2012)
ruolo della dottrina sociale della Chiesa e sull’essere “cristiani e cittadini” oltre che “buoni cristiani”. Frigato definisce “scoraggiante” il quadro che ne esce.
Abbiamo ripreso un articolo pubblicato da vinonuovo.it che prende spunto dal libro e prova a farne una lettura critica.
Perché mai “la dottrina sociale della Chiesa è un libro che nessuno apre?”
E dire che da alcuni anni esiste pure il prezioso “Compendio della dottrina sociale della Chiesa” edito niente meno che dal Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace.
Sulla formazione dei “buoni cristiani” si insiste molto, ma sull’essere “cristiani e cittadini” ben poco è stato fatto in passato e purtroppo ancora oggi.
Siamo immersi in una crisi che è molto più che economica: è una vera e propria crisi di civiltà, dove non si sa più dove orientare il futuro, perché manca una bussola credibile. Da troppo tempo si guarda all’individuo come se potesse esistere senza gli altri.
Tuttavia si avverte da più parti l’estrema esigenza di ridare senso e significato alle ragioni del vivere e del convivere insieme, perdute all’interno delle società occidentali e “cristiane” che hanno omesso troppi passi del Vangelo per inseguire miti di altro tipo.
Molti cattolici, infatti, si sono persi e ragionano come tutti gli altri.
Ma ciò non toglie che all’interno della comunità dei credenti ci sia un patrimonio di cultura sociale in grado di aprire strade nuove per relazioni sociali rinnovate.
Una “dottrina” che parte da molto lontano e affonda le sue radici nei primi secoli.
“La terra è stata creata in comune per tutti, ricchi e poveri; perché voi soli, ricchi, vi arrogate il diritto di proprietà?” (Ambrogio di Milano).
È una Parola che tutto cambia, quella che troviamo nel Vangelo, scrive don Frigato, ma forse non è troppo tardi per ricordarla e farla propria perché non c’è nulla di più concreto della declinazione di “buoni principi” come ha fatto la Chiesa con la dottrina sociale.
Seguirli ci porterebbe ad essere un po’ di più “onesti cittadini”.
Mi sembra significativo questo passo dal capitolo che apre il breve saggio.
Cittadini consapevoli e impegnati nella società ce ne sono sempre stati, ieri come oggi.
E, tuttavia, dalle inchieste sul cosiddetto “cittadino medio” c’è di che storcere il naso. Distinguere tra cattolici e laici serve a poco o nulla perché tutti, indistintamente respiriamo la stessa aria inquinata.
La rivendicazione dei propri diritti - veri o presunti che siano - e la quasi totale indifferenza per i doveri è l’eloquente fotografia del già citato cittadino medio: individualista, rivendicativo, qualunquista, più incline alla denuncia dell’universo mondo che all’autocritica.
Per la verità a noi Italiani, cittadini del Bel Paese, non mancano le contraddizioni: siamo pronti a puntare il dito contro lo Stato e le istituzioni pubbliche spesso inefficienti e inadempienti, ma altrettanto pronti a “fregare” Stato e istituzioni.
I “furbetti” sono addirittura invidiati, almeno fino a quando la fanno franca.
Siam fatti così, noi cittadini del Bel Paese!
Massacrata la legalità, dobbiamo però fare i conti con clientelismi, connivenze malavitose, mafiose, omertà: in una parola, con una diffusa corruzione, vero cancro del nostro convivere sociale da Nord a Sud e viceversa.
Il tutto condito dalla solita ipocrita lagna: “tutto va a rotoli” o “abbiamo toccato il fondo” e via imprecando!
Piangerci addosso serve a qualcosa?
No di certo.
Una sola cosa serve: rimboccarci le maniche e mettersi in testa che l’unico vero interesse personale da perseguire è quello di tutti.
Una società più giusta, più legale per tutti è il più bel regalo che un cittadino possa fare a se stesso.
Caricarsi di un compito sociale, amministrativo, politico, è sì lavorare per gli altri, ma soprattutto per se stessi, per le proprie famiglie, per il proprio futuro.
E’ la logica del bene comune: tanto necessaria quanto disattesa e offesa.
E i “buoni cattolici” cosa fanno? E l’”onesto cittadino” che fine ha fatto?
Non è stato scritto autorevolmente che “la politica è una maniera esigente - anche se non la sola - di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri?” (Paolo VI 1971).
Per la verità contro le molte provocazioni laiciste, gruppi e associazioni di cattolici battono e ribattono il loro “no” in difesa dei cosiddetti “valori non negoziabili”.
Ma basta opporsi per esercitare una cittadinanza attiva, per rinnovare la vita stanca di un Paese?
Al Convegno ecclesiale di Verona di pochi anni fa (2007) era stato detto con chiarezza che: “Non ci si può esaurire nel richiamo alla famiglia, alla libertà dell’educazione, alla
difesa della vita.
Non si raggiungono obiettivi dicendo semplicemente “no” alle provocazioni laiciste.
E’ partendo dai “sì” che si debbono dare e dall’inevitabile intreccio di quei temi con le politiche economiche e sociali che si gioca la coerenza del cristiano”.
Tempi difficili come i nostri esigono risposte ragionate, forti, competenti.
Da dove partire per puntare su un futuro di speranza?
Dai piedi d’argilla delle nostre società democratiche.
Cosa viene in mente quando si dice democrazia?
Un modo libero di relazionarsi tra cittadini, un potere politico partecipato, dei diritti rispettati.
In una parola un modo di stare insieme, pacifico, tollerante.
Una cittadinanza somma di individui “liberamente” chiusi in se stessi e contrapposti da opposti interessi ha ancora una bussola - un bene comune - per un futuro più giusto, più libero per tutti, più umano?
(Maria Teresa Pontara Pederiva in vinonuovo.it, novembre 2012)
Il libro: Sabino Frigato; “Buoni cristiani e onesti cittadini - La forza educativa della dottrina sociale della Chiesa”
(Elledici 2012)
Ultimo aggiornamento (Domenica 09 Dicembre 2012 18:24)
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