Si fa presto a dire Fede
In un pomeriggio di pioggia a cercare di capire come un esattore delle tasse può andare in Paradiso.
Si fa presto a dire fede. Magari per chi è più avvezzo all’incenso delle sacrestie, è una parola chiara, niente tentennamenti, una strada maestra da seguire. Per chi lo è meno, facciamo il settanta per cento delle persone?, la parolina salta fuori in certi momenti della vita, qualche volta la si associa al periodo della propria gioventù, il periodo dei sacramenti per esempio.
Abbiamo avuto l’occasione di esserci al momento giusto, nel posto giusto, in uno di questi momenti: l’occasione è stata quella di avere intorno ad un tavolo, il pomeriggio di una piovosa domenica, una ventina di ragazzi e ragazze, tra i 25 e i 35, che si stanno preparando a sposarsi, in chiesa. Un sacramento dunque, il primo che si sceglie da sé stessi, per dirla tutta.
Rappresentano lo spaccato dei giovani adulti di oggi, quelli che incontriamo in ufficio, in palestra, nei centri commerciali, qualche volta anche in chiesa : il campione certamente non è rappresentativo dal punto di vista statistico, non importa, ma sicuramente lo è dal punto di vista del mondo nel quale viviamo. E lo è, ascoltando le loro storie, dal punto di vista della “fede” : donata quando erano bambini, e passata poi in secondo ordine mentre passavano anche gli anni. Giovani del giorno d’oggi.
Quel pomeriggio era stato presentato loro come “la mezza giornata di ritiro” (poiché era in un convento di suore e non alla Pinetina, è apparso subito chiaro a tutti che Stramaccioni non sarebbe stato dei nostri, e qualche alzata di occhi al cielo c’è stata, e non era di invocazione della benedizione divina...).
Ma tant’è! Il corso è obbligatorio, non si scappa. L’idea era quella di dedicare un pò del loro tempo a parlare di fede, con la massima disponibilità, e rispetto, ad ascoltare e proporre esperienze, e nel condividere dubbi. Senza fare trattazioni sui massimi sistemi della fede cattolica, abbiamo provato ad offrire loro delle suggestioni, legate ad episodi concreti così come sono riportati nel Vangelo.
Zaccheo, sorpreso da Gesù tra le fronde del sicomoro, che fa il “salto” della fede scendendo dall’albero e rispondendo con gioia a Gesù che vuole fermarsi a casa sua.
Bartimeo, il mendicante cieco di Gerico che “incontra” Gesù senza vederlo, e getta tutto quello che ha, il mantello, per camminare al suo fianco. Marta, sorella di Lazzaro, che si “affida” a Gesù, nonostante tutto, nonostante la morte.
Lo scambio di opinioni che ne è seguito è stato interessante, c’è stato il desiderio di provare a scavare dentro sé stessi per cercare con sincerità le ragioni di una scelta, di un rifiuto, di tanti dubbi.
Accanto agli intramontabili “ci credo, ma in un modo personale”, “i valori sono tutti condivisibili”, “sono un persona sempre in ricerca”, “la chiesa cattolica è troppo distante dal mondo reale”, “ci credo, ma non chiedetemi di andare a messa” sono uscite considerazioni anche molto personali.
Per esempio, “andare a messa non mi rende felice”, o anche “quello della fede è un dono che riconosco di avere ricevuto, e che mi fa stare sempre all’erta” e “vorrei essere capace di essere riconosciuta cristiana senza doverlo dire, ma con la mia testimonianza”.
Uno scambio di idee positivo, fosse anche solo per il fatto di essere riusciti a dedicarci del tempo per riflettere e discutere di cose che ci sembrano talvolta così lontane e fuori dal nostro mondo. E magari il desiderio di (ri)metterci in ricerca, consapevoli che la fede può far parte della nostra vita, con i tempi e il passo di ciascuno.
Ecco, già il desiderio di ricercare le ragioni della nostra fede può essere davvero un modo per addentrarci in questo “anno della fede”.
Un piccolo esperimento finale. Quella domenica pomeriggio è uscito, in una chiacchierata personale, il tema del Credo : la professione di fede che la comunità fa nei momenti liturgici, il “riassunto” dei punti fondamentali della fede cattolica, ho detto. Lo abbiamo imparato da piccoli, lo recitiamo ogni domenica con altre persone in chiesa, quasi un Crediamo più che un Credo, e questo ci aiuta a sentirci comunità.
Il valore delle parole del Credo sta nel cercare di viverle nella nostra vita di tutti i giorni, da quando scendiamo dal sagrato fino alla messa la domenica successiva, in tutto quel tempo nel quale siamo chiamati a vivere da cristiani nel mondo. Bene, mi sono detto, quanto le conosco, queste parole ?
E allora ho provato a recitarlo senza altre persone accanto, senza il foglietto della messa, senza il testo che scorre su uno schermo in chiesa : io non sono riuscito ad arrivare in fondo... “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili…” .
Provare per credere.
Marco Villa
Si fa presto a dire fede. Magari per chi è più avvezzo all’incenso delle sacrestie, è una parola chiara, niente tentennamenti, una strada maestra da seguire. Per chi lo è meno, facciamo il settanta per cento delle persone?, la parolina salta fuori in certi momenti della vita, qualche volta la si associa al periodo della propria gioventù, il periodo dei sacramenti per esempio.
Abbiamo avuto l’occasione di esserci al momento giusto, nel posto giusto, in uno di questi momenti: l’occasione è stata quella di avere intorno ad un tavolo, il pomeriggio di una piovosa domenica, una ventina di ragazzi e ragazze, tra i 25 e i 35, che si stanno preparando a sposarsi, in chiesa. Un sacramento dunque, il primo che si sceglie da sé stessi, per dirla tutta.
Rappresentano lo spaccato dei giovani adulti di oggi, quelli che incontriamo in ufficio, in palestra, nei centri commerciali, qualche volta anche in chiesa : il campione certamente non è rappresentativo dal punto di vista statistico, non importa, ma sicuramente lo è dal punto di vista del mondo nel quale viviamo. E lo è, ascoltando le loro storie, dal punto di vista della “fede” : donata quando erano bambini, e passata poi in secondo ordine mentre passavano anche gli anni. Giovani del giorno d’oggi.
Quel pomeriggio era stato presentato loro come “la mezza giornata di ritiro” (poiché era in un convento di suore e non alla Pinetina, è apparso subito chiaro a tutti che Stramaccioni non sarebbe stato dei nostri, e qualche alzata di occhi al cielo c’è stata, e non era di invocazione della benedizione divina...).
Ma tant’è! Il corso è obbligatorio, non si scappa. L’idea era quella di dedicare un pò del loro tempo a parlare di fede, con la massima disponibilità, e rispetto, ad ascoltare e proporre esperienze, e nel condividere dubbi. Senza fare trattazioni sui massimi sistemi della fede cattolica, abbiamo provato ad offrire loro delle suggestioni, legate ad episodi concreti così come sono riportati nel Vangelo.
Zaccheo, sorpreso da Gesù tra le fronde del sicomoro, che fa il “salto” della fede scendendo dall’albero e rispondendo con gioia a Gesù che vuole fermarsi a casa sua.
Bartimeo, il mendicante cieco di Gerico che “incontra” Gesù senza vederlo, e getta tutto quello che ha, il mantello, per camminare al suo fianco. Marta, sorella di Lazzaro, che si “affida” a Gesù, nonostante tutto, nonostante la morte.
Lo scambio di opinioni che ne è seguito è stato interessante, c’è stato il desiderio di provare a scavare dentro sé stessi per cercare con sincerità le ragioni di una scelta, di un rifiuto, di tanti dubbi.
Accanto agli intramontabili “ci credo, ma in un modo personale”, “i valori sono tutti condivisibili”, “sono un persona sempre in ricerca”, “la chiesa cattolica è troppo distante dal mondo reale”, “ci credo, ma non chiedetemi di andare a messa” sono uscite considerazioni anche molto personali.
Per esempio, “andare a messa non mi rende felice”, o anche “quello della fede è un dono che riconosco di avere ricevuto, e che mi fa stare sempre all’erta” e “vorrei essere capace di essere riconosciuta cristiana senza doverlo dire, ma con la mia testimonianza”.
Uno scambio di idee positivo, fosse anche solo per il fatto di essere riusciti a dedicarci del tempo per riflettere e discutere di cose che ci sembrano talvolta così lontane e fuori dal nostro mondo. E magari il desiderio di (ri)metterci in ricerca, consapevoli che la fede può far parte della nostra vita, con i tempi e il passo di ciascuno.
Ecco, già il desiderio di ricercare le ragioni della nostra fede può essere davvero un modo per addentrarci in questo “anno della fede”.
Un piccolo esperimento finale. Quella domenica pomeriggio è uscito, in una chiacchierata personale, il tema del Credo : la professione di fede che la comunità fa nei momenti liturgici, il “riassunto” dei punti fondamentali della fede cattolica, ho detto. Lo abbiamo imparato da piccoli, lo recitiamo ogni domenica con altre persone in chiesa, quasi un Crediamo più che un Credo, e questo ci aiuta a sentirci comunità.
Il valore delle parole del Credo sta nel cercare di viverle nella nostra vita di tutti i giorni, da quando scendiamo dal sagrato fino alla messa la domenica successiva, in tutto quel tempo nel quale siamo chiamati a vivere da cristiani nel mondo. Bene, mi sono detto, quanto le conosco, queste parole ?
E allora ho provato a recitarlo senza altre persone accanto, senza il foglietto della messa, senza il testo che scorre su uno schermo in chiesa : io non sono riuscito ad arrivare in fondo... “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili…” .
Provare per credere.
Marco Villa
Ultimo aggiornamento (Sabato 10 Novembre 2012 13:25)