Home Page Il "Casa di Betania" Archivio Giugno 2012 La vocazione? Dare Intenzionalità alla Propria Vita

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La vocazione? Dare intenzionalità alla propria vitaC’è stato da sempre in me un forte desiderio di giustizia che mi ha spinto, nel corso dei miei 53 anni di vita, a ricercare il modo di praticare concretamente nella mia esistenza il dissenso per tutto ciò che va contro la dignità umana e la distruzione della vita, qualsiasi essa sia.
Mi ha sempre fatto orrore la vita indegna a cui i più poveri, i più deboli soprattutto, sono costretti e le menzogne grandi con le quali da sempre i potenti di ogni epoca hanno prevaricato, depredato, ucciso.
Credo che l’esistenza sia un dono, un’occasione che ci viene offerta per partecipare ad un più grande progetto che la Vita compie raccogliendo il contributo di ogni donna e di ogni uomo di buona volontà, indipendentemente dal suo credo filosofico o religioso.
Io posso usare la vita per diventare in primo luogo un essere umano migliore, capace di pensare, di giudicare di agire azioni di trasformazione del mondo per farlo più giusto e più bello.
Questa penso sia la principale vocazione dell’uomo che la fede può elevare.
La mia tensione è diventata nel tempo sempre di più quella di essere, insieme ai più poveri, l’agente lievitante che cerca di far crescere la vita, che lotta perché tutti abbiamo diritto a vivere pienamente, anche intellettivamente e spiritualmente.
Riconosco questa chiamata e vi rispondo come posso, in modo molto imperfetto, forse discutibile e certamente incompiuto.
Nel corso degli anni, passato il tempo naturalmente ribelle delle giovinezza, in me si è come definita una struttura; il mio impegno è diventato un modo di esistere, non un dare una parte del mio tempo, ma ricercare uno stile di vita.
Dopo diverse esperienze, quasi 15 anni fa ho incontrato l’esperienza dei Centri di cultura popolare intitolati a don Lorenzo Milani, diffusa intorno a Milano dall’instancabile lavoro di Don Cesare Sommariva e di altri preti operai, che a partire dagli anni 70/80 avevano iniziato un intervento culturale con i più poveri nei quartieri periferici.
Non un’opera per sanare le necessità, ma per elevare le coscienze, dare la parola e restituire la soggettività al popolo.
La mia vocazione, quella che io chiamo l’intenzionalità della mia vita, ha iniziato ad inserirsi in una storia territoriale; ho iniziato a prendere le parti dei più oppressi qui.
Prima i ragazzi che la scuola emargina, poi gli stranieri che nei nostri paesi sembrano invisibili, infine il territorio che viene devastato da scelte che non sono per l’uomo, ma per il profitto.
Questo per me è stato il modo di provare a vivere il concetto di carità, senza la quale neppure la fede giova.
Insieme a mio marito e alle mie figlie, senza il cui supporto non avrei potuto farcela, ho cercato fratelli e sorelle con i quali pensare, ricercare e fare concretamente azioni che mostrassero un modo di vivere e di aiutarsi a vivere che potesse essere attraente anche per altri.
Io penso, noi del Centro di cultura popolare don Milani pensiamo, che qui e ora nella disuguaglianza strutturale della vita sul pianeta l’atteggiamento necessario sia quello del giudizio etico e del dissenso e proviamo a praticarlo, ogni giorno, nelle piccole cose con tutta la nostra insufficienza e limitatezza umana.

Marina Casiraghi

Ultimo aggiornamento (Venerdì 08 Giugno 2012 09:47)

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