La vocazione? Congiungere Quelle Mani Vuote
Ho accettato con una buona dose di incoscienza l’invito che mi è arrivato: parlare di Vocazione!
Cosa non certo facile da parte di chi, per vocazione appunto, si inserisce nel tessuto della Chiesa e del mondo con una modalità tutta propria: silenzio, nascondimento, preghiera!
Parlare di Vocazione e quindi della Persona che si ama, è sempre un avvenimento grande e bello, anche se, sono convinta, ci sono esperienze che solo il silenzio e l’amore possono svelarle a chi ascolta.
Nel turbinio di sentimenti tipico dell’adolescenza, ho incontrato Gesù, come l’Amico unico, fedele, sempre disponibile ad ascoltare i miei mille perché quando nella preghiera mi rivolgevo a Lui.
Lo sentivo, seppur nella Sua Perfezione, giovane come me.
Era un innamorato Gesù, si, l’unico vero innamorato dell’uomo, al punto da farsi uno di noi e condividere la nostra esistenza umana.
Era per me, e lo sentivo forte, un modello da imitare, anche se a quell’età ero lontana dal pensare che un giorno mi sarei fatta monaca, anzi, il solo pensiero di rinchiudermi fra quattro mura mi toglieva l’aria! Gesù tuttavia era l’Unica persona in grado di riempire la mia vita, di risolvere i miei dubbi.
Lui mi amava ed accettava sempre, anche quando io non sapevo amarmi ed accettarmi nelle mie povertà.
E’ un Gesù, posso dire, che è cresciuto con me e che ho imparato ad amare e ad accogliere ogni giorno in tutto ciò che mi circonda: nell’avvenimento lieto o triste che sia.
Nell’oscurità della fede imparo a “vederlo”, a riconoscerlo come Colui che mi guida su sentieri che sono sempre di luce, perché se Lui è con noi, anche le tenebre si trasformano in momenti di crescita.
E poi - e qui non so spiegare con parole umane il Mistero di una chiamata - quel Gesù che si era incarnato in un amore umano, entrò di nuovo in me con tutta la sua forza e travolse progetti… attese! La voce era chiara e forte: il mio cuore era fatto per amare di più, per amare tutti i miei fratelli in umanità.
Dissi di si a quella voce e da quel giorno entrò in me una pace e una gioia mai conosciute prima.
Ero felice, di una felicità nuova: ora amavo tutti i miei fratelli in umanità con Lui. Desideravo con tutti condividere la mia gioia, avere per tutti una parola di conforto, essere accanto a tutti.
Ma come mio Dio? Come avrei potuto consumare le mie giornate nell’appagare questa sete di amore che andava sempre più crescendo in me?
E mi ritrovavo sovente inginocchiata davanti a Lui, io che nelle mie mani vuote desideravo offrirti ciò che non avevo…
…E mi dicesti di congiungerle, quelle mani vuote, e di elevarle a Te. Mi donasti di comprendere che solo così avrei amato tutti.
Il mio cuore da quel giorno nella sua povertà si va allargando per accogliere nella preghiera tutti i miei fratelli, per Amore dei quali mi hai chiamato a scomparire all’ombra di un chiostro.
Quelle mani dopo tanti anni sono ancora vuote, ma conoscono la gioia di congiungersi dinanzi a Lui affinché le colmi di amore da riversare su tutta l’umanità.
Suor Maria Letizia
Cosa non certo facile da parte di chi, per vocazione appunto, si inserisce nel tessuto della Chiesa e del mondo con una modalità tutta propria: silenzio, nascondimento, preghiera!
Parlare di Vocazione e quindi della Persona che si ama, è sempre un avvenimento grande e bello, anche se, sono convinta, ci sono esperienze che solo il silenzio e l’amore possono svelarle a chi ascolta.
Nel turbinio di sentimenti tipico dell’adolescenza, ho incontrato Gesù, come l’Amico unico, fedele, sempre disponibile ad ascoltare i miei mille perché quando nella preghiera mi rivolgevo a Lui.
Lo sentivo, seppur nella Sua Perfezione, giovane come me.
Era un innamorato Gesù, si, l’unico vero innamorato dell’uomo, al punto da farsi uno di noi e condividere la nostra esistenza umana.
Era per me, e lo sentivo forte, un modello da imitare, anche se a quell’età ero lontana dal pensare che un giorno mi sarei fatta monaca, anzi, il solo pensiero di rinchiudermi fra quattro mura mi toglieva l’aria! Gesù tuttavia era l’Unica persona in grado di riempire la mia vita, di risolvere i miei dubbi.
Lui mi amava ed accettava sempre, anche quando io non sapevo amarmi ed accettarmi nelle mie povertà.
E’ un Gesù, posso dire, che è cresciuto con me e che ho imparato ad amare e ad accogliere ogni giorno in tutto ciò che mi circonda: nell’avvenimento lieto o triste che sia.
Nell’oscurità della fede imparo a “vederlo”, a riconoscerlo come Colui che mi guida su sentieri che sono sempre di luce, perché se Lui è con noi, anche le tenebre si trasformano in momenti di crescita.
E poi - e qui non so spiegare con parole umane il Mistero di una chiamata - quel Gesù che si era incarnato in un amore umano, entrò di nuovo in me con tutta la sua forza e travolse progetti… attese! La voce era chiara e forte: il mio cuore era fatto per amare di più, per amare tutti i miei fratelli in umanità.
Dissi di si a quella voce e da quel giorno entrò in me una pace e una gioia mai conosciute prima.
Ero felice, di una felicità nuova: ora amavo tutti i miei fratelli in umanità con Lui. Desideravo con tutti condividere la mia gioia, avere per tutti una parola di conforto, essere accanto a tutti.
Ma come mio Dio? Come avrei potuto consumare le mie giornate nell’appagare questa sete di amore che andava sempre più crescendo in me?
E mi ritrovavo sovente inginocchiata davanti a Lui, io che nelle mie mani vuote desideravo offrirti ciò che non avevo…
…E mi dicesti di congiungerle, quelle mani vuote, e di elevarle a Te. Mi donasti di comprendere che solo così avrei amato tutti.
Il mio cuore da quel giorno nella sua povertà si va allargando per accogliere nella preghiera tutti i miei fratelli, per Amore dei quali mi hai chiamato a scomparire all’ombra di un chiostro.
Quelle mani dopo tanti anni sono ancora vuote, ma conoscono la gioia di congiungersi dinanzi a Lui affinché le colmi di amore da riversare su tutta l’umanità.
Suor Maria Letizia
Ultimo aggiornamento (Venerdì 08 Giugno 2012 09:32)