Home Page Il "Casa di Betania" Archivio Marzo 2012 A che punto siamo? - Sergio Mariani, Omate

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Penso che come premessa vada fatta una precisazione: la costituzione della Comunità Casa di Betania non è stata scelta dai laici o dai presbiteri ma, anche se spiegata, capita e accettata, imposta dalla diocesi.
I timori iniziali furono molti: alcuni di essi si possono ricondurre al rischio di perdere la memoria della Storia, della Tradizione e dell’identità della propria Parrocchia; altri alle difficoltà di condividere con altre persone i propri
cammini di fede o al rischio di non vedere nella comunità dei presbiteri un esempio di comunione fraterna; altri ancora legati all’auto sussistenza della parrocchia più grande (Agrate) a discapito della valorizzazione delle due più piccole (Omate e Caponago).
Non ultimo la gestione e autonomia finanziaria.
Trascorsi questi anni, seppur con notevoli sforzi, non tutte le criticità appaiono superate.
Netta è la percezione che la Comunità abbia ancora un impianto sbilanciato verso “l’organizzazione” e poco verso una spinta “profetica”.
Non è un caso che nelle recenti elezioni del nuovo C.P.U. non si siano trovate sufficienti candidature e che il Parroco abbia dovuto nominarne i componenti.
L’impressione che si ha è quella che le iniziative proposte siano dettate da intuizioni “personali” o di piccoli gruppi a discapito di una riflessione condivisa.
Non è ancora maturato il ruolo dei laici nella Chiesa: non siamo ancora pronti per un’accettazione di responsabilità vincolante, più semplice a volte far la parte dei preti; a loro volta, i sacerdoti si tengono l’autorità delle decisioni.
A mio avviso sarebbe indispensabile e utile avviare un processo di condivisione vera, dove l’espressione di idee diverse possa far crescere l’identità della comunità.
Mi pare che i giovani in qualche modo abbiano iniziato a percorrere percorsi comuni, legati non solo dai momenti formativi, ma forgiati, purtroppo, da esperienze estremamente dolorose.
Questo percorso non può non prendere avvio dall’insegnamento evangelico che vede la Storia con gli occhi dei poveri e degli ultimi.
Riusciamo a progettare iniziative che sappiano parlare anche alla comunità civile, senza stereotipi legati alla tradizione cattolica? Si potrebbe ridisegnare la visione futura della nostra comunità affrontando
temi quali l’attuale crisi economica, che investe pesantemente sulle dinamiche familiari, legare la Carità alla Giustizia anche sociale, parlare in maniera laica dei problemi legati alla separazione delle famiglie, affermare
chiaramente che la chiesa è accoglienza a prescindere, senza se e senza ma, sfatare il tabù della “politica” e intenderla nel senso più ampio del termine come cosa pubblica …
Forse così daremo spazio allo Spirito per riscaldare questa nostra comunità, attraversata un po’, come il resto dalle nostra società, dal torpore dell’individualismo.

Sergio Mariani, Omate

Ultimo aggiornamento (Venerdì 02 Marzo 2012 08:55)

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