Buon Lavoro Missionario... Dentro Fuori!
Ogni anno la Chiesa ci ripropone la riflessione sul nostro essere missionari perché Lei é missionaria.
Negli anni questa proposta é stata meditata, studiata, riflettuta in tutti i modi.
Vediamo cosa ci può dire di nuovo oggi.
Tutti sappiamo che “missionari” significa “mandati”.
Nel nostro caso siamo mandati a dire a tutto il mondo che Gesù é il nostro Signore e Salvatore, che siamo infinitamente amati e accuditi dal Signore; che ci vuole felici per sempre, tanto che ha vinto il peccato e la morte, in modo piuttosto atroce ma efficace, per noi.
Questi sono i punti base dell’Annuncio.....ma lo abbiamo mai detto a noi stessi?
Magari non lo abbiamo mai detto neppure ad altri (in genere é la vita che parla, il nostro modo di essere con gli altri, il modo di sperare e di soffrire, di amare, di essere e fare felici), ma credo che sia importante prendersi cura anche della nostra formazione spirituale.
Non possiamo dare quello che non abbiamo. “Non voi avate scelto me...” l’essere nati e cresciuti in un determinato contesto, in una determinata famiglia e società non é una nostra scelta e ci dobbiamo sempre chiedere “perché io sono stato/a così fortunato/a?”.
Abbiamo ricevuto tanto, specialmente in affetto (con tutti i difetti e i limiti umani che in tutte le famiglie possono esserci), in educazione, in esperienze positive (e negative, che possono essere comunque strumento di crescita se ben accompagnate e gestite). Viviamo in una Nazione e in un tempo sostanzialmente stabili e pacifici, che ci permettono di sviluppare le nostre qualità e talenti.
In internet girano parecchi file con statistiche sulla divisione dei beni e delle opportunità nel mondo quindi siamo ben informati e coscienti di quanto abbiamo, di quanto i nostri figli hanno.
Eppure...non é il solito luogo comune, ma é vero che la gioia e serenità che trovo tra la mia gente delle Salomone, la trovo poco tra la mia gente dell’Italia...e dell’Australia (le due Nazioni “sviluppate” con cui ho a che fare maggiormente).
Non si può negare che l’Uomo ha in sé, nella sua struttura, l’aspetto spirituale che lo porta in dimensioni oltre il sensi¬bile, per ricercare il senso di un esistere che é così misterioso e difficile da afferrare nei suoi molteplici aspetti.
Quanto ci preoccupiamo di sviluppare questo lato di noi stessi?
Come cristiani abbiamo delle direzioni ben precise, difficili senz’altro, ma chiare da seguire.
Gesù é sempre stato molto chiaro nel parlare e nello spiegare ai suoi discepoli i “misteri del Regno”.
Spesso li prendeva da parte, su una montagna, sulla barca per andare in posti isolati e parlare, rispondere alle loro domande, ai dubbi, per incoraggiarli nelle loro insicurezze.
Anche dopo la Risurrezione li ha presi da parte, in Galilea, ed ha completato la loro formazione facendo di loro i coraggiosi testimoni che possiamo trovare negli atti degli apostoli.
Quanto tempo passiamo con Gesù, lasciamo che Lui ci istruisca e rafforzi la nostra fede?
Certo il lavoro, la famiglia, gli appuntamenti, il servizio, la scuola prendono tanto, forse tutto il tempo, ma ci lasciano vuoti se poi non vengono irrorati e illuminati dal senso profondo e salvifico che Cristo ha dato alla nostra esistenza.
Nessuno nasce egoista o lo é così tanto da non essere mosso ad aiutare, dire una parola di consolazione, un consiglio, un bicchiere d’acqua, anche qualcosa di più.
Tutti abbiamo fatto l’esperienza di quanto é bello dare, del¬la gioia che si prova, inspiegabile ma vera. Forse é per questo che qui da noi la gioia supera le difficoltà di una vita difficile, dove la morte é compagna di casa, l’ignoranza porta ad escludere o emarginare chi é diverso.
Qui tutto viene condiviso: quel poco che si ha basta per tutti e se qualcuno arriva improvvisamente, é abbastanza anche per lui.
E questo é quello che sempre ci ha testimoniato Padre Clemente, nelle sue lettere, nei suoi racconti, quando i suoi orfani si moltiplicavano ed i sacchi di riso no.
Tuttavia tutti mangiavano ed erano contenti, e lui più di tutti...e ne ha passate tante! Ma la gioia che si può leggere tra le righe e nei suoi occhi, ancora oggi, dopo tanti anni dalla sua morte, ci dicono qualcosa di veramente importante: quando Cristo é dentro il cuore e nella vita, si può affrontare anche l’inferno ed uscirne illesi...non solo ma si può farne uscire illesi altri con noi.
Buon lavoro missionario...dentro e fuori!
Suor Anna Maria Gervasoni
Missionaria Salesiana nelle Isole Salomone
Negli anni questa proposta é stata meditata, studiata, riflettuta in tutti i modi.
Vediamo cosa ci può dire di nuovo oggi.
Tutti sappiamo che “missionari” significa “mandati”.
Nel nostro caso siamo mandati a dire a tutto il mondo che Gesù é il nostro Signore e Salvatore, che siamo infinitamente amati e accuditi dal Signore; che ci vuole felici per sempre, tanto che ha vinto il peccato e la morte, in modo piuttosto atroce ma efficace, per noi.
Questi sono i punti base dell’Annuncio.....ma lo abbiamo mai detto a noi stessi?
Magari non lo abbiamo mai detto neppure ad altri (in genere é la vita che parla, il nostro modo di essere con gli altri, il modo di sperare e di soffrire, di amare, di essere e fare felici), ma credo che sia importante prendersi cura anche della nostra formazione spirituale.
Non possiamo dare quello che non abbiamo. “Non voi avate scelto me...” l’essere nati e cresciuti in un determinato contesto, in una determinata famiglia e società non é una nostra scelta e ci dobbiamo sempre chiedere “perché io sono stato/a così fortunato/a?”.
Abbiamo ricevuto tanto, specialmente in affetto (con tutti i difetti e i limiti umani che in tutte le famiglie possono esserci), in educazione, in esperienze positive (e negative, che possono essere comunque strumento di crescita se ben accompagnate e gestite). Viviamo in una Nazione e in un tempo sostanzialmente stabili e pacifici, che ci permettono di sviluppare le nostre qualità e talenti.
In internet girano parecchi file con statistiche sulla divisione dei beni e delle opportunità nel mondo quindi siamo ben informati e coscienti di quanto abbiamo, di quanto i nostri figli hanno.
Eppure...non é il solito luogo comune, ma é vero che la gioia e serenità che trovo tra la mia gente delle Salomone, la trovo poco tra la mia gente dell’Italia...e dell’Australia (le due Nazioni “sviluppate” con cui ho a che fare maggiormente).
Non si può negare che l’Uomo ha in sé, nella sua struttura, l’aspetto spirituale che lo porta in dimensioni oltre il sensi¬bile, per ricercare il senso di un esistere che é così misterioso e difficile da afferrare nei suoi molteplici aspetti.
Quanto ci preoccupiamo di sviluppare questo lato di noi stessi?
Come cristiani abbiamo delle direzioni ben precise, difficili senz’altro, ma chiare da seguire.
Gesù é sempre stato molto chiaro nel parlare e nello spiegare ai suoi discepoli i “misteri del Regno”.
Spesso li prendeva da parte, su una montagna, sulla barca per andare in posti isolati e parlare, rispondere alle loro domande, ai dubbi, per incoraggiarli nelle loro insicurezze.
Anche dopo la Risurrezione li ha presi da parte, in Galilea, ed ha completato la loro formazione facendo di loro i coraggiosi testimoni che possiamo trovare negli atti degli apostoli.
Quanto tempo passiamo con Gesù, lasciamo che Lui ci istruisca e rafforzi la nostra fede?
Certo il lavoro, la famiglia, gli appuntamenti, il servizio, la scuola prendono tanto, forse tutto il tempo, ma ci lasciano vuoti se poi non vengono irrorati e illuminati dal senso profondo e salvifico che Cristo ha dato alla nostra esistenza.
Nessuno nasce egoista o lo é così tanto da non essere mosso ad aiutare, dire una parola di consolazione, un consiglio, un bicchiere d’acqua, anche qualcosa di più.
Tutti abbiamo fatto l’esperienza di quanto é bello dare, del¬la gioia che si prova, inspiegabile ma vera. Forse é per questo che qui da noi la gioia supera le difficoltà di una vita difficile, dove la morte é compagna di casa, l’ignoranza porta ad escludere o emarginare chi é diverso.
Qui tutto viene condiviso: quel poco che si ha basta per tutti e se qualcuno arriva improvvisamente, é abbastanza anche per lui.
E questo é quello che sempre ci ha testimoniato Padre Clemente, nelle sue lettere, nei suoi racconti, quando i suoi orfani si moltiplicavano ed i sacchi di riso no.
Tuttavia tutti mangiavano ed erano contenti, e lui più di tutti...e ne ha passate tante! Ma la gioia che si può leggere tra le righe e nei suoi occhi, ancora oggi, dopo tanti anni dalla sua morte, ci dicono qualcosa di veramente importante: quando Cristo é dentro il cuore e nella vita, si può affrontare anche l’inferno ed uscirne illesi...non solo ma si può farne uscire illesi altri con noi.
Buon lavoro missionario...dentro e fuori!
Suor Anna Maria Gervasoni
Missionaria Salesiana nelle Isole Salomone
Ultimo aggiornamento (Martedì 11 Ottobre 2011 07:39)