Benvenuto ad Agrate!
1957: Padre Clemente fa ritorno dalla Birmania ad Agrate, per l’unica volta.
Da vero ed autentico missionario Padre Clemente era fortemente legato alla sua terra di missione, alla sua gente, ai suoi poveri, al punto che è tornato in patria soltanto una volta nel 1957 in occasione del Capitolo Generale dell’Istituto P.I.M.E. come rappresentante dei missionari della Birmania.
Quando Clemente arriva ad Agrate è festa grande.
Le campane “grosse”, così come lui le ha definite in una lettera al gruppo missionario, suonano festose per accogliere il suo missionario.
Colpisce la figura asciutta, non più giovane, ma dal passo sicuro e dal portamento fiero; colpisce il suo sguardo reso austero dalla lunga barba, nel quale però brillano due occhi trasparenti e dolcissimi.
Così lo ricorda Luigi Gervasoni : “Ricordo, non senza commozione, il suo arrivo ad Agrate. Una folla numerosa accompagnava padre Clemente processionalmente verso la chiesa parrocchiale. Mi colpì la sua figura non più giovane, un po’ ricurva, ma dal passo sicuro, la fierezza del suo volto dal quale traspariva una personalità forte e decisa: mi apparve come un grande patriarca, un uomo fiero della sua scelta e felice di fare del bene.”
L’immagine che molti agratesi conservano di padre Clemente è quella di un uomo orgoglioso della sua scelta e felice di fare del bene.
Anche Celeste Missaglia lo ricorda così:” Quando padre Clemente è tornato in Italia, io già ero sagrestano nella parrocchia S. Eusebio di Agrate Brianza.
Una domenica padre Clemente volle celebrare la S. Messa delle ore 10.00 per poter ringraziare pubblicamente i numerosi agratesi che avevano aiutato la sua missione.
Ricordo molto bene che terminò la sua omelia, densa di ringraziamenti, dicendo.”Ci rivedremo tutti in paradiso”.
Era un uomo magro, già segnato dalla fatica, ma con una carica capace di entusiasmare chi lo ascoltava.
E non perdeva occasione per le battute in dialetto …agratese!” Lo dice chiaramente nelle omelie che accompagnano la sua permanenza in parrocchia dove parla, con molta semplicità, non delle sue fatiche, ma delle sue conquiste: gli orfani, i lattanti, le vedove, gli oppiomani.
Il linguaggio di Clemente ha il fascino delle avventure vissute con amore e per questo arriva al cuore di tutti, grandi e piccoli.
Ciò che più attira l’attenzione è la sua grande passione verso la vita missionaria, “piuttosto spelacchiata”, ma che lui non cambierebbe con nessun altra.
Durante una gita che compie con le giovani agratesi nella vicina Svizzera, non manca di parlare della sua vita in Birmania, tanto che dimentica di visitare Lugano, meta del loro viaggio.
La sua presenza ad Agrate, se pur saltuaria, consolida un legame d’amicizia che in 34 anni non ha conosciuto flessioni e si prepara a viverne altrettanti superando le barriere della lontananza e del tempo coinvolgendo vecchie e nuove generazioni. L’affetto di Clemente verso Agrate non è legato alle sue necessità materiali, perché come lui dice : “ Non pensate che noi si viva alle spalle di quei d’Agrate”; è piuttosto il legame di chi, lontano, sa di portare dentro di sé le radici culturali e religiose della propria terra e del proprio paese “che non si può scordare”.
Clemente approfitta delle sue vacanze per rivedere gli amici di un tempo.
Tante erano le visite ai confratelli, ai parenti e agli amici – ci dice don Stefano Colombo, allora coadiutore della parrocchia di S.Eusebio di Agrate.
Quando era libero, animato dal suo spirito d’avventura, mi proponeva un viaggio in “motoretta”.
Mi piaceva essere d’aiuto ad un missionario che, dopo 34 anni, finalmente poteva gioire di incontri con vecchi amici, ed io cercavo di abbinare i miei impegni ai suoi desideri.
Clemente, oltre che fare i viaggi alla riscoperta degli amici e dei luoghi di un tempo, desidera conoscere tutto ciò che può essere utile allo sviluppo della sua missione e dei suoi villaggi montani.
Si interessa alle nuove costruzioni sorte in Agrate, come l’oratorio maschile, per apprendere le novità nel campo dell’edilizia; visita la fornace del Malcantone (Concorezzo) per la costruzione dei mattoni che lui cuocerà al caldo sole birmano; visita le risaie della bassa milanese e apprende la tecnica dell’irrigazione che applicherà alle sue risaie dei monti coltivate a secco, senz’acqua e quindi poco produttive.
Non manca di recarsi a Roma dal santo Padre (Pio XII) che saluta dicendo:”Al ga du man muresit!” (Ha due mani morbide!).
L’Italia però gli sta stretta e dopo undici mesi di intensa vacanza saluta gli agratesi dicendo: “ Guardatemi bene in faccia: non ci rivedremo più”.
Clemente riparte felice il 24 Dicembre 1957 pur avendo in tasca il biglietto per un viaggio senza ritorno.
Riparte arricchito dal contatto con una realtà in evoluzione e confida ai suoi conoscenti: ”Sono stato uno stupido a non tornare prima perché avrei potuto aggiornarmi di più”.
Queste note sono tratte dal libro “Oltre i confini – i missionari di Agrate nel mondo”
Da vero ed autentico missionario Padre Clemente era fortemente legato alla sua terra di missione, alla sua gente, ai suoi poveri, al punto che è tornato in patria soltanto una volta nel 1957 in occasione del Capitolo Generale dell’Istituto P.I.M.E. come rappresentante dei missionari della Birmania.
Quando Clemente arriva ad Agrate è festa grande.
Le campane “grosse”, così come lui le ha definite in una lettera al gruppo missionario, suonano festose per accogliere il suo missionario.
Colpisce la figura asciutta, non più giovane, ma dal passo sicuro e dal portamento fiero; colpisce il suo sguardo reso austero dalla lunga barba, nel quale però brillano due occhi trasparenti e dolcissimi.
Così lo ricorda Luigi Gervasoni : “Ricordo, non senza commozione, il suo arrivo ad Agrate. Una folla numerosa accompagnava padre Clemente processionalmente verso la chiesa parrocchiale. Mi colpì la sua figura non più giovane, un po’ ricurva, ma dal passo sicuro, la fierezza del suo volto dal quale traspariva una personalità forte e decisa: mi apparve come un grande patriarca, un uomo fiero della sua scelta e felice di fare del bene.”
L’immagine che molti agratesi conservano di padre Clemente è quella di un uomo orgoglioso della sua scelta e felice di fare del bene.
Anche Celeste Missaglia lo ricorda così:” Quando padre Clemente è tornato in Italia, io già ero sagrestano nella parrocchia S. Eusebio di Agrate Brianza.
Una domenica padre Clemente volle celebrare la S. Messa delle ore 10.00 per poter ringraziare pubblicamente i numerosi agratesi che avevano aiutato la sua missione.
Ricordo molto bene che terminò la sua omelia, densa di ringraziamenti, dicendo.”Ci rivedremo tutti in paradiso”.
Era un uomo magro, già segnato dalla fatica, ma con una carica capace di entusiasmare chi lo ascoltava.
E non perdeva occasione per le battute in dialetto …agratese!” Lo dice chiaramente nelle omelie che accompagnano la sua permanenza in parrocchia dove parla, con molta semplicità, non delle sue fatiche, ma delle sue conquiste: gli orfani, i lattanti, le vedove, gli oppiomani.
Il linguaggio di Clemente ha il fascino delle avventure vissute con amore e per questo arriva al cuore di tutti, grandi e piccoli.
Ciò che più attira l’attenzione è la sua grande passione verso la vita missionaria, “piuttosto spelacchiata”, ma che lui non cambierebbe con nessun altra.
Durante una gita che compie con le giovani agratesi nella vicina Svizzera, non manca di parlare della sua vita in Birmania, tanto che dimentica di visitare Lugano, meta del loro viaggio.
La sua presenza ad Agrate, se pur saltuaria, consolida un legame d’amicizia che in 34 anni non ha conosciuto flessioni e si prepara a viverne altrettanti superando le barriere della lontananza e del tempo coinvolgendo vecchie e nuove generazioni. L’affetto di Clemente verso Agrate non è legato alle sue necessità materiali, perché come lui dice : “ Non pensate che noi si viva alle spalle di quei d’Agrate”; è piuttosto il legame di chi, lontano, sa di portare dentro di sé le radici culturali e religiose della propria terra e del proprio paese “che non si può scordare”.
Clemente approfitta delle sue vacanze per rivedere gli amici di un tempo.
Tante erano le visite ai confratelli, ai parenti e agli amici – ci dice don Stefano Colombo, allora coadiutore della parrocchia di S.Eusebio di Agrate.
Quando era libero, animato dal suo spirito d’avventura, mi proponeva un viaggio in “motoretta”.
Mi piaceva essere d’aiuto ad un missionario che, dopo 34 anni, finalmente poteva gioire di incontri con vecchi amici, ed io cercavo di abbinare i miei impegni ai suoi desideri.
Clemente, oltre che fare i viaggi alla riscoperta degli amici e dei luoghi di un tempo, desidera conoscere tutto ciò che può essere utile allo sviluppo della sua missione e dei suoi villaggi montani.
Si interessa alle nuove costruzioni sorte in Agrate, come l’oratorio maschile, per apprendere le novità nel campo dell’edilizia; visita la fornace del Malcantone (Concorezzo) per la costruzione dei mattoni che lui cuocerà al caldo sole birmano; visita le risaie della bassa milanese e apprende la tecnica dell’irrigazione che applicherà alle sue risaie dei monti coltivate a secco, senz’acqua e quindi poco produttive.
Non manca di recarsi a Roma dal santo Padre (Pio XII) che saluta dicendo:”Al ga du man muresit!” (Ha due mani morbide!).
L’Italia però gli sta stretta e dopo undici mesi di intensa vacanza saluta gli agratesi dicendo: “ Guardatemi bene in faccia: non ci rivedremo più”.
Clemente riparte felice il 24 Dicembre 1957 pur avendo in tasca il biglietto per un viaggio senza ritorno.
Riparte arricchito dal contatto con una realtà in evoluzione e confida ai suoi conoscenti: ”Sono stato uno stupido a non tornare prima perché avrei potuto aggiornarmi di più”.
Queste note sono tratte dal libro “Oltre i confini – i missionari di Agrate nel mondo”
Ultimo aggiornamento (Giovedì 05 Maggio 2011 07:10)