Don Michele: 40 Anni con San Zenone
Durante la messa vespertina di sabato 11 settembre la comunità parrocchiale di Omate ha ricordato i 40 anni trascorsi da don Michele
Longatti presso la parrocchia di S.Zenone.
Pubblichiamo la riflessione che è stata letta durante la celebrazione.
In questi giorni, riflettendo insieme ad altri parrocchiani, su cosa abbia caratterizzato, almeno dal nostro punto di vista, l’apostolato di don Michele, pensiamo di aver riconosciuto un filo conduttore nel tentativo di attuare le indicazioni del Concilio Vaticano II.
Quando nel 1970, don Michele vide dal ponte di Caponago il campanile di Omate, il Concilio si era concluso da poco e nella Chiesa si sentiva una forte istanza di rinnovamento.
La prima indicazione che cercò di attuare fu la valorizzazione del ruolo dei laici nella chiesa: prima ancora che diventasse prassi consolidata
sperimentò la formula delle assemblee parrocchiale e dei consigli pastorali , considerando la comunità “come cosa di tutti” a cui tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati a contribuire.
Già a partire da questi anni si propongono cammini di approfondimento sia della Parola di Dio che della Liturgia con l’obiettivo di formare
la coscienza di ogni persona.
Di rilievo ricordiamo incontri con Monsignor Ravasi e con padre David Maria Turoldo.
Uno dei passi successivi è sicuramente stata l’attenzione ai temi sociali, politici e culturali sia per l’urgenza dei tempi che per la visione di una fede che non rimanga chiusa all’interno delle mura ecclesiastiche.
Da qui le esperienze con obiettori di coscienza della Caritas, prima in un ambito di attenzione ai tossicodipendenti e successivamente nell’ambito della “scuola parrocchiale”; oltre all’introduzione del metodo del cineforum che consentiva di confrontarsi su tematiche di attualità.
Diceva Don Milani: “ È solo la lingua che rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere l’espressione altrui.”
Degli anni successivi potremmo ricordare i campeggi, la valorizzazione del ruolo delle famiglie, l’attenzione alla centralità della domenica: sempre alla ricerca di una modalità di dire la fede che parli davvero agli uomini e alle donne del momento attuale.
Tuttavia, in estrema sintesi, crediamo che quello per cui dobbiamo ringraziare don Michele, ma che, dobbiamo riconoscerlo, molte volte ci
ha messo in difficoltà, è stata ed è la sua spinta ad essere persone autentiche che sanno rispondere delle proprie scelte.
Vera Cantù
Longatti presso la parrocchia di S.Zenone.
Pubblichiamo la riflessione che è stata letta durante la celebrazione.
In questi giorni, riflettendo insieme ad altri parrocchiani, su cosa abbia caratterizzato, almeno dal nostro punto di vista, l’apostolato di don Michele, pensiamo di aver riconosciuto un filo conduttore nel tentativo di attuare le indicazioni del Concilio Vaticano II.
Quando nel 1970, don Michele vide dal ponte di Caponago il campanile di Omate, il Concilio si era concluso da poco e nella Chiesa si sentiva una forte istanza di rinnovamento.
La prima indicazione che cercò di attuare fu la valorizzazione del ruolo dei laici nella chiesa: prima ancora che diventasse prassi consolidata
sperimentò la formula delle assemblee parrocchiale e dei consigli pastorali , considerando la comunità “come cosa di tutti” a cui tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati a contribuire.
Già a partire da questi anni si propongono cammini di approfondimento sia della Parola di Dio che della Liturgia con l’obiettivo di formare
la coscienza di ogni persona.
Di rilievo ricordiamo incontri con Monsignor Ravasi e con padre David Maria Turoldo.
Uno dei passi successivi è sicuramente stata l’attenzione ai temi sociali, politici e culturali sia per l’urgenza dei tempi che per la visione di una fede che non rimanga chiusa all’interno delle mura ecclesiastiche.
Da qui le esperienze con obiettori di coscienza della Caritas, prima in un ambito di attenzione ai tossicodipendenti e successivamente nell’ambito della “scuola parrocchiale”; oltre all’introduzione del metodo del cineforum che consentiva di confrontarsi su tematiche di attualità.
Diceva Don Milani: “ È solo la lingua che rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere l’espressione altrui.”
Degli anni successivi potremmo ricordare i campeggi, la valorizzazione del ruolo delle famiglie, l’attenzione alla centralità della domenica: sempre alla ricerca di una modalità di dire la fede che parli davvero agli uomini e alle donne del momento attuale.
Tuttavia, in estrema sintesi, crediamo che quello per cui dobbiamo ringraziare don Michele, ma che, dobbiamo riconoscerlo, molte volte ci
ha messo in difficoltà, è stata ed è la sua spinta ad essere persone autentiche che sanno rispondere delle proprie scelte.
Vera Cantù
Ultimo aggiornamento (Domenica 03 Ottobre 2010 18:53)