Buona Pasqua, Resurrexit Dominus
Mi ha sempre fatto specie una antifona (un canto) che si trova nella liturgia pasquale che dice così: ”Resurrexit Dominus, tamquam potus crapulatus a vino” (E’ risorto il Signore, come un forte inebriato dal vino).
Sembra irriverente questa immagine perché ci fa senz’altro venire in mente persone ubriache che magari sono così “sollevate” da essere felici, contenti e sempre pronti a cantare.
Senz’altro Gesù era contento quel mattino di Pasqua quando poté mostrarsi alla Maddalena e dirle: “Va dai miei fratelli e dì loro che sono risorto!”.
In realtà questa espressione “crapulatus a vino” esprime qualcosa di molto vero, basta confrontarlo con altre espressioni evangeliche.
Quella volta che i due fratelli Giacomo e Giovanni si erano accostati a Gesù, quasi di nascosto dagli altri e gli avevano chiesto spudoratamente: “Concedici di sedere uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nella tua Gloria” (Mc 10,37), Gesù rispose loro, senza peli sulla lingua: “Voi non sapete quello che domandate, potete voi bere il calice che io bevo?”.
Era un chiaro riferimento alla passione intesa come “bere il calice”.
Ed anche nell’orto degli ulivi, la notte del tradimento e dell’arresto, Gesù rivolgendosi al Padre disse: “Padre, se vuoi allontana da me
questo calice, però non la mia ma la tua volontà”.
Anche qui c’è il riferimento al calice come l’elemento essenziale della Passione: bere il calice fino in fondo significa compiere pienamente la volontà del Padre.
Quel “crapulatus” allora non è irriverente, ma è una espressione realistica che nasconde una grande verità: Gesù si è “ubriacato” della
volontà del Padre, ha bevuto fino in fondo, fino all’ultima goccia il calice amaro della passione.
E’ stato in forza di questo “bere” che Cristo ha ottenuto la Gloria della Risurrezione: Lui è il forte che ha vinto la morte!
Questo calice Cristo lo offre anche a noi suoi discepoli, ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia: “Prendere e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue… Fate questo in memoria di me”.
E’ per questo che anche noi possiamo vivere la gioia forte della Pasqua nella misura in cui, abbeverandoci al sangue di Cristo, ci rendiamo come
Lui disponibili a compiere la volontà del Padre fino in fondo.
La nostra gioia, la nostra Pasqua è raggiungere l’ebbrezza della volontà di Dio compiuta nel più totale abbandono.
Don Mauro Radice
Ultimo aggiornamento (Martedì 13 Aprile 2010 11:20)